MANIFESTI PER UN CINEMA LIBERO
I dannati della terra
Prima edizione
di Armando Andria, Gina Annunziata

Pesaro, giugno 1968, quarta edizione della Mostra internazionale del Nuovo Cinema. Al termine della proiezione della prima parte de L’ora dei forni gli spettatori – nei loro occhi sono ancora impresse le immagini sconvolgenti del prolungato fermo immagine del cadavere di Che Guevara ucciso in Bolivia su cui si è appena chiusa la proiezione, nelle loro menti è al lavoro il guerrilla-montaggio agito da Getino e Solanas – gli spettatori dunque si alzano in piedi, si mettono a urlare e applaudire, e cominciano a portare in trionfo i registi del film. È forse il momento che segna simbolicamente l’arrivo in Italia del Terzo Cinema, di una proposta alternativa finalmente sia ai modi del cinema commerciale-spettacolare di derivazione statunitense (il primo cinema), sia all’elitarismo del cinema d’autore europeo che con le nouvelles vagues si era appena riposizionato (il secondo cinema).
Manifesti per un cinema libero azzarda un percorso di recupero di alcuni capolavori afferenti a una costellazione ampia e variegata, per nulla omogenea. “Il Cinema Novo è un fenomeno dei popoli colonizzati di tutto il mondo, non un privilegio del Brasile. Ovunque ci sia un cineasta disposto a filmare la verità e ad opporsi all’ipocrisia e alla repressione della censura, ci sarà lo spirito vivo del Cinema Novo. Ovunque ci sia un cineasta pronto a resistere contro lo sfruttamento, la pornografia e la tirannia della tecnica, ci sarà lo spirito vivo del Cinema Novo. Ovunque ci sia un cineasta pronto a mettere il suo cinema e la sua professione al servizio delle grandi cause del suo tempo, ci sarà lo spirito vivo del Cinema Novo”. Così aveva scritto nel 1965 Glauber Rocha nel suo celebre pamphlet Estetica della fame, manifesto del Cinema Novo.
E infatti mentre Getino e Solanas realizzano (in clandestinità) il loro fondamentale film-saggio di agitazione e controinformazione sulle lotte in corso in America Latina e sulla repressione spietata dello Stato, dal Senegal Ousmane Sembène ha appena “introdotto l’Africa nel circuito cinematografico mondiale” presentando a Cannes il suo La noire de…, e in Iran Dariush Mehrjui sta per girare Gaav. Aree del pianeta caratterizzate da sottosviluppo economico, marginalizzazione geopolitica, sfruttamento, violenza statuale e privata. Colonialismo. Il comune denominatore di queste nuove esperienze filmiche è l’emersione prepotente del potenziale militante del cinema e dei processi di decolonizzazione in atto: così nella coscienza politica come nel gesto artistico.
Manifesti per un cinema libero testimonia di un cinema in cui la lotta di liberazione non è disgiunta dalla lotta estetica, la provocazione sul piano politico è tutt’uno con l’innovazione di stile e di linguaggio. La rassegna, a cura di Armando Andria e Gina Annunziata per il Cinema Modernissimo, si colloca su un piano storico, mostrando film, pressoché inediti a Napoli, realizzati tra la fine degli anni Sessanta e la metà dei Settanta e oggetto di recente restauro.
Se L’ora dei forni arriva direttamente dall’Instituto Nacional de Cine y Artes Audiovisuales di Buenos Aires, dalla collaborazione con la Cineteca di Bologna vengono quattro titoli: Gli ingannati, Touki bouki, Gharibeh va meh e Soleil Ô. Attraverso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, la Cineteca lavora da anni al World Cinema Project, creato da Martin Scorsese nel 2007 in seno a The Film Foundation, attraverso il quale sono stati portati a termine decine di restauri di film del Terzo Cinema, contribuendo in maniera decisiva a diffondere una cultura della conservazione in ambito cinematografico.
In coda, il programma si apre a un titolo contemporaneo, Agora, ospitando il regista tunisino Ala Eddine Slim, alla ricerca di una possibile eredità (una delle tante) del Terzo Cinema.
La proposta della rassegna si arricchisce di un incontro con Cecilia Cenciarelli, della Fondazione Cineteca di Bologna e co-direttrice del festival Il Cinema Ritrovato, dedicato appunti ai restauri del World Cinema Project, e di una masterclass di Ala Eddine Slim, entrambi realizzati con la collaborazione e il supporto della Scuola di cinema dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.
“Ogni spettatore è un codardo o un traditore”, era insorto nel 1961 Frantz Fanon per scuotere da poltrone comode e incitare alla lotta per l’autonomia, l’autodeterminazione e l’autorappresentazione. Nel centenario della nascita, Manifesti per un cinema libero rende omaggio alla figura dello psichiatra e filosofo militante a cui dobbiamo, a partire da I dannati della terra (pubblicato con la prefazione di Jean-Paul Sartre), una lettura della storia e dei processi di liberazione da una prospettiva universale in cui l’umanità intera si fa soggetto consapevole.
Armando Andria
Gina Annunziata